Alberto Semprini, presidente Figisc- Confcommercio della provincia di Rimini: “Il provvedimento del governo che abbassa i prezzi dei carburanti alla pompa è importante, ma non risolutivo e sta mascherando il fatto che le compagni ogni giorno continuano ad aumentare i prezzi delle forniture. Di questo passo a fine aprile la benzina costerà più che a metà marzo. Servono interventi strutturali sulle accise e va riproposto il tetto massimo del prezzo determinato dal CIPE. Da parte nostra questi aumenti sono un grave danno, perché non andiamo a percentuale, i clienti sono scontenti e in più siamo costretti a gestire un ingente flusso di denaro che ci rende più esposti sul piano della sicurezza e con le banche per pagare in anticipo le forniture”.
La Figisc-Confcommercio fa suonare nuovamente l’allarme per il caro-carburante. Quella dei prezzi di benzina e gasolio sembrava una sfida vinta grazie alla misura del governo che calmiera i costi alla pompa di 30 centesimi compresa l’Iva tagliando le accise per un mese, invece guardando oltre non c’è da stare tranquilli. A spiegare la situazione è Alberto Semprini, presidente di Figisc-Confcommercio della provincia di Rimini.
“Purtroppo la situazione che si è andata a creare in quest’ultimo mese è un danno per tutti gli italiani e anche per noi benzinai – spiega Semprini – perché il carburante alle stelle si trascina dietro aumenti su tutti i fronti: trasporti e logistica sono in grave difficoltà e tutti i prodotti trasportati su gomma hanno avuto rincari dovuti alle spese per le consegne aumentate a dismisura. Il governo ha deciso di calmierare i prezzi alla pompa di 30 centesimi, ma solamente per un tempo limitato. Questo provvedimento è importante, ma sta mascherando il fatto che le compagnie petrolifere continuano ad aumentare ogni giorno i prezzi delle forniture di qualche centesimo e se continuerà di questo passo, appena finirà il provvedimento del governo, rischiamo di ritrovarci i prezzi di diesel e benzina addirittura più alti di quelli di metà marzo, cadendo dalla padella alla brace.
Tengo a sottolineare che questa situazione non è colpa dei benzinai: noi abbiamo prezzi consigliati di vendita decisi dalle compagnie, da cui non possiamo discostarci. Che la benzina costi 1 euro oppure 2 euro, il nostro guadagno è il medesimo perché non andiamo a percentuale, ma ad aggio fisso. In più, siamo costretti a gestire un ingente flusso di denaro che ci rende più esposti sia a problemi di sicurezza, sia con gli istituti di credito perché le forniture dei carburanti vanno pagate in anticipo e non tutti in questo momento possono permettersi di anticipare cifre molto importanti o di pagare maggiori interessi alle banche in caso di prestiti.
Non è possibile che si permetta alle compagnie di attuare aumenti che a logica sono senza senso: fino agli anni Novanta il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) metteva un tetto al prezzo dei carburanti. Ora è stato abolito e si dà libertà di fare il prezzo alle compagnie. Così gli aumenti sono diventati spropositati rispetto al prezzo della materia prima e vengono applicati al primo sentore di un problema, ben prima che si palesi. Nel 2008 il petrolio costava 147 dollari al barile è il prezzo della benzina alla pompa aveva sfiorato i 2 euro al litro; ora il prezzo del petrolio va a circa 135 dollari al barile e la benzina prima dello sconto sulle accise, costa circa 2,30 euro al litro. Si capisce bene che il prezzo non lievita per l’aumento della materia prima alla fonte: il governo deve intervenire in questo senso rimettendo un tetto massimo almeno in questo periodo emergenziale. Aggiungo che alcune compagnie si permettono anche di intervenire sui tempi delle forniture: quando si richiede il rifornimento dell’autobotte per il lunedì, capita che alcune compagnie tardino la consegna o consegnino solo parte del carburante richiesto aspettando il martedì, giornata in cui vengono ritoccati settimanalmente i prezzi, costringendoci così a pagarlo con le nuove quotazioni.
La seconda parte del problema riguarda invece le accise. È assurdo che il carburante si paghi il doppio del prezzo reale perché ancora abbiamo da smaltire tasse dichiarate provvisorie che provengono dalla guerra in Eritrea o dal disastro del Vajont e che invece sono ancora attive. Credo che ora più che mai lo Stato debba smettere di chiedere ai cittadini ulteriori sacrifici tassando oltremodo un bene primario come è il carburante per gli spostamenti. Un bene primario, lo ripeto, confermato dal fatto che durante il lockdown abbiamo avuto la possibilità di rimanere aperti al pari di farmacie e supermercati.
Così non possiamo andare avanti, anche perché oltre al danno, dobbiamo fare i conti con la beffa, ovvero il discredito da parte dei nostri clienti che, ignari di come stiano realmente le cose, imputano a noi parte del problema, pensando che con questi aumenti ci stiamo arricchendo. I controlli della Guardia di Finanza, intensificati in questi giorni in tutta la nostra provincia, hanno portato solamente ad un’ammenda per un collega reo di non avere trasmesso i prezzi della sua pompa al MISE come da obbligo di legge. Si tratta solo di una trasmissione burocratica obbligatoria su prezzi che non abbiamo la facoltà di toccare ed è stato un problema legato al fatto che quel giorno il portale pubblico ha avuto problemi. Eppure anche questo alle persone comuni è sembrato un tentativo di lucro. Serve chiarezza, ma soprattutto serve un intervento strutturale da parte del governo. Imprenditori del settore e cittadini devono fare fronte comune: non si esce da questo problema innescando una guerra tra poveri”.