Moda e scarpe, partono le nuove etichette: obbligo di indicare le materie prime
Informazioni in italiano e con le percentuali esatte della loro presenza. Dovranno comparire anche nome e indirizzo esatti del produttore e nelle scarpe dovrà anche comparire una iconcina che permetta di identificare la composizione di tomaia, rivestimento, suola interna e suola esterna
di STEFANO CARLI
Nuove etichette per il made in Italy. Tessuti e calzature devono riportare obbligatoriamente indicazioni precise sulle materie prime utilizzate, scritte in italiano, con le percentuali esatte della loro presenza. Ma non solo: dovranno comparire anche nome e indirizzo esatti del produttore. Nelle scarpe dovrà anche comparire una iconcina che permetta di identificare la composizione di tomaia, rivestimento, suola interna e suola esterna e ogni negozio di calzature dovrà esporre una guida a come leggere le etichette. Una novità che va tutto a vantaggio delle produzioni di qualità (perché i consumatori potranno fare una comparazione più approfondita tra i diversi prodotti) e dei prodotti italiani, che saranno più facilmente individuabili perché si distinguerà il produttore dall’importatore.
E’ una novità che in effetti è in vigore da un anno, dall’inizio di gennaio 2018, quando è entrato in vigore il regolamento con cui il Mise ha introdotto in Italia una norma europea varata nel 2017. Ma c’è voluto un anno per mettere a punto il meccanismo, formare i controllori e anche risolvere qualche problema iniziale: come per esempio il fatto, non da poco, che le multe – che sono abbastanza salate e arrivano fino a 20 mila euro – venivano comminate in via diretta ai negozianti, che avevano poi il diritto di rivalersi sui produttori ma con tempi e costi poco sostenibili, specie dalle piccole attività. Il problema è stato ora risolto grazie all’e-commerce. Se multare un negoziante è facile, mettere il sale sulla coda ad un market place, magari con sede in Lussemburgo o Irlanda o direttamente negli Usa, è molto più improbabile. E’ così stata rivista la normativa e ora le autorità di vigilanza sulle etichette, ossia Camere di Commercio, Autorità delle Dogane e dei Monopoli invieranno le contestazioni direttamente a produttori e importatori, cosa che è stata rilevata con soddisfazione dal Presidente di Federazione Moda Italia, Renato Borghi.
Ora per le nuove etichette è tutto pronto e la prova è che sono iniziati anche a partire i primi controlli.
C’è il rischio che però il sistema non sia ancora del tutto a regime. Sia sul fronte della produzione che su quello della distribuzione. I negozianti hanno comunque l’obbligo di rendere chiare agli acquirenti i contenuti delle etichette e dovranno curare che anche i loro siti online siano in linea con la nuova normativa. “Questo potrebbe trasformare questa incombenza in un’opportunità – spiega Massimo Torti, segretario generale di FederModa- Oggi solo il 33% delle imprese della distribuzione di abbigliamento e calzature in Italia hanno un sito internet, che per di più utilizzano principalmente come vetrina. Ma solo poco più del 12% ha un sito in grado di proporre e finalizzare acquisti”. E’ per questo che proprio FederModa, con la Camera di Commercio di Milano, Monza e Brianza e con Netcomm hanno prima stilato un vademecum per le imprese che vendono moda online e per gli acquirenti, e poi organizzato per martedì prossimo 2 gennaio, a Milano, a Palazzo Turati, un workshop appositamente dedicato all’e-commerce nella moda.
“Con duemila boutique e 40 mila addetti, 34 mila imprese operanti nel settore in Lombardia, sulle 222 mila di tutta l’Italia, Milano ha un ruolo importante in un comparto che trian la nostra immagine nazionale – spiega Beatrice Zanolini, consigliere della Camera di Commercio milanese – ed è importante ricordare agli operatori le regole e le buone prassi per garantire un mercato trasparente e sicuro”.