Il “senza glutine” diventa protagonista nei pubblici esercizi

Pubblicato il 23 Agosto 2024 alle 15:25

Il “senza glutine” diventa protagonista nei pubblici esercizi

FIPE-Confcommercio e AIC insieme: il “senza glutine” diventa protagonista nei pubblici esercizi
Intervista al presidente AIC Emilia Romagna, Davide Trombetta

 “Bar e ristoranti hanno un ruolo fondamentale per la salute dei loro clienti e una grande opportunità di business. Ecco come avvicinarsi a questo mondo”

Nel 2024 la celiachia non deve più essere un motivo per non frequentare i pubblici esercizi, per non passare una serata al ristorante insieme a partenti ed amici e per sentirsi “diversi”. Ma soprattutto, serve che i clienti celiaci siano certi di poter consumare cibo e bevande adatti alle loro esigenze in tutta sicurezza in quanti più locali pubblici possibili.

A questo scopo, in seno all’AIC – Associazione Italiana Celiachia, è nato il “Programma Alimentazione Fuori Casa” che prevede una collaborazione con le Ausl e che recentemente vede la creazione di un Protocollo d’Intesa anche con la FIPE-Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). L’accordo ha l’obiettivo di sviluppare e promuovere iniziative volte a diffondere una maggiore conoscenza della tematica all’interno dei pubblici esercizi di tutta Italia e garantire la massima attenzione e qualità nel servizio per i clienti celiaci anche attraverso la formazione degli OSA (Operatori del Settore Alimentare) sulla celiachia e la dieta senza glutine. In questo approfondimento ne parliamo con il Presidente di AIC Emilia Romagna, Davide Trombetta.

“Il problema di chi soffre di celiachia quando si trova a dovere o volere mangiare fuori casa per lavoro o in vacanza, è la difficoltà di trovare garanzie di poterlo fare in sicurezza – spiega il presidente regionale AIC, Trombetta -. Non tutti i ristoranti e i locali dove si vende o si somministra cibo sono in grado di proporre menù senza glutine secondo i criteri disciplinati delle Unità Operative Igiene degli Alimenti e della Nutrizione della ASL. Da tanti anni l’AIC si concentra sull’informazione e la sensibilizzazione delle imprese di pubblico esercizio, cercando di attirare nel nostro mondo chi si occupa di ristorazione sia collettiva che privata. Ci sono degli aspetti da tenere in grande considerazione, a cominciare da quello della sicurezza da garantire al cliente celiaco, passando per quello sociale che permetta a chi ha questa problematica di non sentirsi diverso rispetto a chiunque altro e infine, dalla parte delle aziende, quello commerciale, perché quello della celiachia è un mercato che può portare un notevole riscontro al ristoratore dal punto di vista economico”.

Davvero tanti i progetti portati avanti da AIC, attiva fin dal 1979, in qualità Federazione a livello nazionale e attraverso l’operato delle singole Associazioni Territoriali, tra cui AIC Emilia Romagna. “Come Associazione abbiamo al nostro interno nutrizionisti e psicologi che accompagnano le persone nel percorso di scoperta e gestione della celiachia e che danno risposte alle esigenze degli iscritti. Inoltre, organizziamo in maniera costante convegni medici e siamo nelle scuole dell’infanzia e primarie con vari progetti tra cui “Tutti a tavola, tutti insieme” che ha avuto un grande successo quest’anno mettendo a tavola nella Settimana della Celiachia dello scorso maggio ben 122.000 pasti gluten-free nelle scuole dell’Emilia Romagna, 650.000 in Italia. Voglio citare anche un altro bellissimo progetto, il campus estivo Hakuna Matata per bambini dagli 8 ai 12 anni: una struttura certificata con psicologi, nutrizionisti e tutor che insegnano ai ragazzi come gestire e affrontare la vita da celiaco. E poi tornei di calcio, corsi di cucina e tanto divertimento”.

Torniamo al Parliamo di fuori casa. In che modo le imprese dei pubblici esercizi possono mettersi a disposizione delle persone celiache e che vantaggi possono ottenere nell’essere preparati a servire in sicurezza questo segmento della clientela?

“Innanzitutto devono sapere che il loro ruolo è fondamentale per la salute degli avventori celiaci – continua il Presidente regionale -. L’accreditamento come locale adatto a somministrare e vendere il senza glutine parte dalla partecipazione ad un corso di formazione gratuito tenuto dai medici delle Asl, ma anche da noi dell’AIC che fungiamo, attraverso protocolli validati con i DPS (Dipartimenti di Sanità Pubblica da ente formatore. Si tratta di un corso di 4 ore che fornisce le basi teoriche su che cos’è la celiachia e la dieta senza glutine e le informazioni fondamentali per la gestione della contaminazione. Previo superamento di un questionario di apprendimento il corso, erogato attualmente anche in modalità FAD, permette di ottenere un attestato di formazione specifica sulla celiachia con validità di 5 anni e spendibile in tutta l’Emilia Romagna: senza questo passaggio e senza una notifica al Suap (Sportello Unico Attività Produttive) che segnali l’avvio della produzione di pasti senza glutine un’impresa non può né produrre, né somministrare alimenti senza glutine e può incappare in sanzioni da parte del SIAN (Igiene degli Alimenti e della Nutrizione) che ha come compito fondamentale la tutela della salute della popolazione. In Emilia Romagna, come in altre 5 Regioni Italiane, infatti si è deciso di regolamentare la produzione e la somministrazione di bevande e cibo senza glutine con una normativa regionale specifica (Determina ER 3642/18) al quale l’Osa deve fare riferimento nel momento in cui decide di erogare in modo non occasionale il pasto al cliente celiaco. La normativa regionale definisce i requisiti minimi indispensabili per garantire al celiaco un pasto sicuro e all’Osa per poter operare in piena tranquillità, ricordandoci sempre il celiaco deve mangiare senza glutine per necessità e non per scelta e che la dieta senza glutine è ad oggi l’unica terapia disponibile per trattare la celiachia.

I locali che attraverso questo percorso formativo diventano a tutti gli effetti locali autorizzati a somministrare pasti senza glutine e  hanno poi due possibilità: “partecipando al corso di formazione specifico e presentando notifica di tale attività alle autorità competenti, si entra di diritto nella lista dei locali notificati per la produzione dei pasti rivolti ai clienti celiaci, ma si rischia di  rimanere nell’ombra, pubblicati in un elenco su un portale istituzionale, senza alcuna valorizzazione o promozione del servizio. Per dare visibilità a chi segue questo percorso e opera in linea con la normativa, AIC promuove varie soluzioni per permettere ai celiaci di conoscere i locali che offrono un servizio adatto alle loro esigenze e che inoltre ricevono una formazione e un supporto specifico dall’ Associazione. Innanzitutto, da più di 20 anno, AIC ha dato vita ad un circuito, di locali “a minor rischio” supportati e formati da AIC, il network Alimentazione Fuori casa, che permette ai ristoratori che aderiscono di pubblicizzare i loro servizi e godere della fiducia che gli associati AIC e i celiaci in generali pongono verso questo programma. Inoltre, abbiamo creato una App (AIC Mobile) molto utilizzata per i vari servizi contenuti tra cui la geolocalizzazione dei locali aderenti che vengono suddivisi in categorie per le diverse tipologie di struttura (hotel, ristoranti, pizzerie, laboratori, gelaterie, ecc.) dando all’utente tutte le informazioni utili attraverso una scheda struttura per ogni locale. Una soluzione molto apprezzata e utile anche in chiave turistica, perché abbiamo pensato anche ad un abbonamento speciale di due settimane a costi calmierati per chi dall’estero viene a visitare il nostro Paese”.

La provincia di Rimini come si posiziona a livello nazionale in quanto ad offerta di pasti fuori casa per celiaci? “Rispetto ad altre province dell’Emilia Romagna Rimini ha una buona quantità di locali aderenti al network Alimentazione Fuori Casa di AIC, ma se guardiamo al rapporto tra numero di residenti e vacanzieri, quindi alla richiesta, rispetto all’offerta, rimane molto margine per ampliare queste possibilità”.

Dopo aver partecipato al corso ed aderire al circuito AFC di AIC, cosa devono fare i gestori dei locali con servizio senza glutine? “L’AIC per il pubblico esercizio aderente diventa un consulente in primis e effettua poi monitoraggi periodici, non sostitutivi ai controlli dei tecnici di Prevenzione dei Sian, a garanzia che vengano mantenute nel tempo le regole fondamentali per la corretta gestione del cliente celiaco. Si tratta di un controllo non sanzionatorio effettuato da professionisti o da Tutor volontari specificamente formati che fornisce un’ulteriore garanzia del rispetto dei requisiti necessari oltre che un confronto e un costante aggiornamento per i ristoratori. . Come si svolge? Concordiamo un appuntamento con i titolari dell’esercizio aderente  e direttamente in loco  visioniamo vari aspetti: le materie prime impiegate nel menù senza glutine, le modalità di stoccaggio, produzione e asporto fino alle strategie per la gestione della contaminazione nel momento del servizio ad esempio l’utilizzo di un segnale distintivo che identifichi le pietanze gluten free riconosciuto tra sala e cucina e comunicato al cliente che eviti rischi  Per il monitoraggio vengono utilizzate come guida apposite check-list si diversificano a seconda del tipo di attività per la valutazione dei requisiti tecnici specifici che variano a seconda che si tratti di un laboratorio artigianale piuttosto che di un ristorante o di una gelateria o di un bar. L’obiettivo è sempre quello di aiutare il ristoratore ad appianare le diverse problematiche che si possono presentare in questo tipo di servizio, in un’ottica di collaborazione e ovviamente senza volerci sostituire ai controlli obbligatori delle Ausl, anzi aiutando l’OSA a perfezionare le possibili non conformità che si possono riscontrare durante i controlli ufficiali dei tecnici della prevenzione.

Quanto è importante il Protocollo d’Intesa siglato insieme a FIPE-Confcommercio per le persone affette da celiachia? “E’ un passaggio fondamentale per la vita dei celiaci, perché permette loro di ampliare la scelta di locali sicuri quando si trovano fuori casa, coinvolgendo le associazioni di categoria che rappresentano i ristoratori italiani. Ci auguriamo che questo aiuti nella crescita del numero di locali che aderiscono al Programma AFC, un programma nazionale che coinvolge già circa 4.000 locali tra ristoranti, pizzerie, gelaterie, B&B, alberghi, laboratori, panifici, bar in tutta Italia”.

Quali invece i vantaggi per i locali? “I vantaggi sono ingenti e probabilmente ancora sottovalutati. Essere un locale aderente al network Alimentazione Fuori Casa di AIC può avere un ritorno economico importante per l’imprenditore: da una recente analisi che abbiamo condotto, si evince che un locale iscritto al Programma AFC aumenta il proprio fatturato dal 25 al 30%. Numeri importanti. Il timore maggiore che riscontriamo tra i gestori è sui controlli aggiuntivi e su fantomatici requisiti non necessari che pensano di dover avere per attivare il servizio senza glutine, ma possiamo tranquillizzarli subito. Nessuno deve avere due cucine, attrezzature e stoviglie distinte e dedicate al senza glutine: è sufficiente una adeguata e accurata pulizia e sanificazione. E nessun professionista o Tutor di AIC verrà a fare controlli punitivi in pieno servizio: il nostro intento è quello di offrire una consulenza e un supporto al ristoratore volto all’interesse comune di fare andare bene le cose affinché i celiaci possano consumare un pasto fuori casa in tranquillità e frequentare insieme agli amici e ai parenti più locali possibili sentendosi sicuri nel farlo e senza sentirsi più chiedere: “sei tanto o poco celiaco?”. Ci sono procedure fondamentali da osservare, ma non sono molto distanti da quello che si fa già in ogni ristorante e in ogni bar rispetto alle comuni prassi di igiene degli alimenti. Con FIPE-Confcommercio abbiamo avviato una proficua sinergia e credo che organizzando incontri informativi sui territori si possa ampliare la rete di locali adatti ai celiaci creando opportunità vantaggiose per tutti”.